Torna, tranquilli, torna. Non saranno certo i Comitati questo pomeriggio a impedire a Massimo Cialente di ritirare le dimissioni. Dopo gli ‘stop and go’ di questi ultimi giorni,
Massimo Cialente con Giorgio De Matteis |
Governo a Roma, ma è dubbio che arrivi, visto che il sottosegretario Legnini non era neppure alla manifestazione di ieri.
E così finisce la sceneggiata, si torna
a lavorare. Perché proprio di una sceneggiata si è trattato alla fine. Ma era
proprio necessaria (il tendone, la folla, le truppe cammellate da Pescara, i
discorsi, le invettive della Zarina, gli attacchi a Trigilia, le promesse, le
rassicurazione, il ribadito impegno per la città)? Serviva proprio, ripetiamo,
questa sceneggiata?
No, non serviva. Bastava che sabato scorso, invece di
dimettersi, il sindaco ripetesse chiaro e forte che lui non c’entrava con le
mazzette, che non era indagato, che la sua responsabilità, se mai, era solo
politica, che gli attacchi alla famiglia erano indecorosi, che gli aquilani
dovevano sostenerlo perché restare sei mesi senza sindaco sarebbe stato fatale
per la ricostruzione delle loro case. Sarebbe bastato questo. Ma Cialente, uomo
di teatro, è voluto andare oltre. E adesso torna indietro.
Anche perché se si dovesse andare
davvero alle elezioni a maggio, il Pd, ma anche gli altri, arriverebbe col
fiato corto. Quale candidato sindaco presenterebbe alle elezioni: Moroni,
Pietrucci, Albano? Sarebbe un salto nel buio, visto che l’ex deputato Giovanni
Lolli e uomo forte del Pd aquilano, ha escluso una propria candidatura in ogni
caso. Dunque, è Cialente l’alternativa a Cialente. Come prevedevano appunto il
copione e la sceneggiata che sta per finire.
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