Dura sentenza per un leccese da parte della Cassazione penale che ha ritenuto colpevole di esercizio abusivo della professione e di falsa dichiarazione a pubblico
ufficiale un avvocato che pur avendo conseguito l’abilitazione esercitava la professione senza essere iscritto all’albo.
Per la Suprema Corte, peraltro, ai fini del perfezionamento del reato non è necessaria la spendita del nome davanti a giudici o altri pubblici ufficiali: l’esercizio abusivo della professione si configura per il solo fatto che il professionista curi pratiche legali per clienti senza comparire in udienza come avvocato.
La sentenza 646/14 della quinta sezione penale della Corte di Cassazione depositata in data di ieri 10 gennaio ha, infatti,.confermato la decisione per un professionista, rinviato a giudizio per i reati previsti dagli articoli 348 e 495 del Codice Penale, ossia per aver esercitato la professione legale senza alcuna iscrizione all’albo e per la spendita del nome davanti a giudici e altri pubblici ufficiali.
Nel ricorrere innanzi ai giudici di legittimità, l’imputato aveva sostenuto che, affinché si configuri il reato di esercizio abusivo non è determinante la mancata iscrizione all’albo, ma la mancanza di abilitazione che lui invece aveva conseguito.
Per i giudici di Piazza Cavour, che hanno rigettato il ricorso proposto dal professionista, ai fini della configurazione del delitto di esercizio abusivo della professione di avvocato è sufficiente la condotta di chi, conseguita l’abilitazione statale, eserciti l’attività professionale prima di aver ottenuto l’iscrizione all’albo professionale.
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