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lunedì 27 gennaio 2014

RICCIUTI BACCHETTA GLI URBANISTI DI PESCARA: "OGNUNO PUO' FARE LE RICERCHE CHE VUOLE, MA LO SVILUPPO DELL'ABRUZZO NON PUO' ARRIVARE SOLO DALLE GRANDI CITTA'"

“Le notizie apparse nei giorni scorsi sui media relative a uno studio realizzato dai ricercatori della cattedra di Urbanistica della facoltà di Architettura di Pescara, sono di quelle che non possono passare sotto silenzio, ma meritano una riflessione franca e
Luca Ricciuti
concisa con il fine di riportare costruttivamente la discussione sullo sviluppo dell’Abruzzo su un piano di realismo storico”.


Lo afferma il consigliere regionale di Forza Italia Luca Ricciuti, presidente della II commissione (Territorio).

“Ovviamente ciascuno, in particolare i docenti universitari, è libero di fare le ricerche che vuole, ma a tale libertà si può e si deve rispondere con altrettanta libertà di dissenso. In tale studio, infatti, viene delineato un principio (o una fede?) secondo il quale ‘occorre sviluppare l’Abruzzo intorno alle città forti’ - spiega - Ebbene il principio cosiddetto si presenta essenzialmente contraddittorio e fallace non dimostrando di conoscere, nel fondo, la storia economica che dal dopoguerra ad oggi ha contraddistinto l’Italia e anche l’Abruzzo”.

“Come si fa a proporre un assunto del genere - si chiede Ricciuti - quando, appunto, negli ultimi decenni le politiche economiche, territoriali e sociali, hanno indirizzato prevalentemente i loro interventi proprio sulle aree e le città ‘forti’, nazionali e regionali, senza, però, sortire efficaci e pieni riscontri positivi ma, anzi, avendo come esiti ricorrenti crisi industriali, aumenti della disoccupazione e abnormi disgregazioni sociali”.

“A meno che non si intenda, per giustificare o reiterare tali politiche, far riferimento al saccheggio del territorio, e la costa abruzzese ne è un penoso esempio, da parte di alcune lobby spregiudicate spesso supportate, guarda caso, anche da alcune lobby degli urbanisti - scrive ancora - Politiche fallaci, quindi, che si vorrebbero continuare come fossero un toccasana, quando ormai tutte le sedi più accreditate sia a livello accademico, sia a livello di qualificati Istituti per le analisi socioeconomiche e territoriali, Censis, Svimez, Ocse, da tempo ripetono che lo sviluppo o è unitario e integrato su tutto il territorio, nazionale e regionale, o non è sviluppo”.

Ricciuti fa presente che “basta guardare, al riguardo, a regioni esemplari dove tale integrazione è stata ed è tuttora efficacemente promossa: in Lombardia lo sviluppo non è ‘isolato’ nell’area forte della conurbazione milanese, ma è presente anche nelle valli bergamasche o anche nella montagna valtellinese, idem nel Veneto o nel Trentino. 

"Peraltro - prosegue - si deve anche ricordare ai ricercatori urbanisti dell’Università D’Annunzio che l’area adriatica centrale deve certamente concorrere alla crescita dei territori, ma non può essere la sola a determinare lo sviluppo, dovendosi invece integrare con un’altra area significativa, l’area centrale appenninica, che ricomprende il Molise, l’alto Sannio, l’Abruzzo interno, l’Umbria e parte delle Marche e le presunte intatte potenzialità sono economiche e ambientali, una componente demografica di tutto rispetto (oltre un milione di abitanti) nonché una valenza di cerniera tra Nord e Sud e tra Est e Ovest che si qualifica, infatti, come significativo elemento di dinamismo”.

“Pur riconoscendo agli studiosi pescaresi il coraggio di aver provocato una ‘scossa’, si auspica soltanto che tale studio non diventi occasione per reiterare logiche purtroppo non utili allo sviluppo complessivo dell’Abruzzo - conclude - o per stimolare delle velleità di qualche politico che, forse, si appresta a riversare sui cittadini abruzzesi la sua retorica paludata e inconcludente”.


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