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venerdì 31 gennaio 2014

LA RELIQUIA RITROVATA. RICOSTRUITE IN QUESTURA TUTTE LE FASI DELLE INDAGINI DA PARTE DI POLIZIA E CARABINIERI. ECCO COME E' AVVENUTO IL RINVENIMENTO DEL TELO COL SANGUE DI PAPA WOJTYLA

E' stata ritrovata alle quasi integra la reliquia di Papa Giovanni Palo II, trafugata presso il santuario di San Pietro della Ienca alle falde del Gran Sasso, è stata trovata. Un successo delle forze dell'ordine, la cui coesione
nello svolgimento delle indagini è emersa dalla conferenza stampa tenuta stamattina in Qusstuera. E' stato lo stesso qustore Vittorio Rizzi che ha aperto la conferenza dando atto che un risultato investigativo così 


importante e rapido è la conferma della sintonia operativa che sussiste in città tra ma magistratura e le forze di polizia tutte. “Tale esito – ha detto il Questore -  è anche un segnale alla città dell’attenzione che la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri hanno verso i reati contro il patrimonio. In questo caso, l’atto criminoso era anche un sacrilegio.” 

Ha quindi lasciato la notizia più importante della mattinata al Vescovo Vicario monsignor Giovanni D’Ercole, che ha riconosciuto gran parte dei frammenti della reliquia di Papa Giovanni Paolo II, provando gran commozione alla loro vista. Ha aggiunto che il sacro resto, pur non essendo nella sua totalità, è comunque ricostruibile, e questo rappresenta una grande gioia per il mondo cristiano. La reliquia è infatti composta da una teca, da un supporto, da un drappeggio rosso e da frammenti rossi e bianchi, di cui è presente ancora una buona parte. Mancano solo alcune particelle che erano legate a due fili d’oro, e che evidentemente sono andate perse nella rottura del vetro che le proteggeva.

Il sostituto Procuratore della Repubblica David Mancini, titolare dell’inchiesta, ha espresso viva soddisfazione per l’esito delle indagini, condotte in grande sinergia tra la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri, perché hanno fatto luce su un reato che ha colpito il sentimento più intimo dei cittadini, così legati alla memoria di papa Wojtyla. Questo stato d’animo ha fatto sì che il lavoro fosse ancora più serrato e che portasse presto i suoi frutti. 

"E’ comunque la dimostrazione della grande attenzione verso il territorio che ha consentito di arrivare presto ai 3 giovani che si sono resi responsabili del furto, pensando di avere a che fare con un oggetto di grande valore economico, senza sapere che il pregio era sostanzialmente quello religioso. Quando si sono resi conto che il contenuto della teca non era oro e quindi non sarebbe stato smerciabile, se ne sono disfatti seppellondola insieme al crocefisso nella campagne adiacenti alla Basilica di Collemaggio. 

L’interesse di ragazzi era verosimilmente il filo d’oro nascosto oltre il vetro. L’angioletto dorato è stato invece ritrovato nella perquisizione condotta a casa di uno dei tre giovani. La reliquia, d’ora in poi, non perderà valore, ma anzi porterà con sé quello aggiunto dello sforzo compiuto dalle Istituzioni per restituirla alla comunità aquilana.  

Il dirigente della Squadra Mobile Maurilio Grasso ha precisato che i giovani sono stati molto collaborativi, indicando subito il punto ove avevano seppellito gli oggetti sacri sottratti. Ma si sono liberati della reliquia a Tempera, nell’area parcheggio di un MAP dove uno di loro abitava, dopo aver rotto il vetro che la conteneva. Le ricerche dei frammenti mancanti sta proseguendo con la task force della Polizia Scientifica ed il cane molecolare, specializzati nella ricerca di tracce ematiche.

Il capitano dei Carabinieri Roberto Ragucci, Comandante del RONI, aggiunge che il Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri, dall’inizio dell’indagine, non ha trascurato nessuna pista: nell’immediatezza dei fatti ha infatti organizzato un battuta con più di 50 carabinieri nei pressi del santuario, proprio nella convinzione che i ladri avrebbero potuto disfarsi della refurtiva lì intorno. Ha ringraziato la stampa per l’attenzione verso le indagini che ha ulteriormente aiutato il pressing investigativo in corso.

Il Questore Vittorio Rizzi, nell’avviare alla conclusione la conferenza, ha ribadito come da un lato le indagini dei Carabinieri con una pressione investigativa preziosa e dall’altro il lavoro della Squadra Mobile. E questo, come anche il Procuratore Capo della Repubblica Fausto Cardella ha voluto sottolineare, è frutto di un lavoro investigativo di base che è stato impostato in città, rendendola più sicura. Grazie ad un lavoro serrato, e silenzioso dell’attività di intelligence, che fa da sfondo a quella più visibile delle pattuglie, è stato possibile raccogliere elementi probatori che hanno dato presto i loro frutti.

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